Cinema fra pericolo e risorsa

di Peppe Iannicelli

Il Fiuggi Family Festival che si è svolto dal 28 luglio al 3 agosto, è stato un evento culturale di grande spessore. Ha riunito centinaia di coppie insieme ai figli davanti al grande schermo e ha rilanciato una riflessione doverosa sul rapporto tra famiglia e cinema.

Giovanni Paolo II nel messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2004 definisce il rapporto tra mass media e famiglia “un rischio ed una ricchezza”.

La feconda sintesi del Pontefice descrive la pressante esigenza di moltiplicare le occasioni formative affinché la famiglia da spettatrice passiva diventi protagonista attiva del rapporto con i mass media, capace di leggere i modelli proposti e di fare resistenza critica nei riguardi dei produttori, del mercato, delle istituzioni. Una responsabilità, questa, che incombe in primis sui genitori ma che va adeguatamente condivisa dalla scuola, dalla comunità ecclesiale, dalle associazioni socioculturali e dalle stesse istituzioni. Guai a lasciar sola la famiglia dinanzi al piccolo o al grande schermo, ad internet, al dvd.

La famiglia è, infatti, un fatto sociale totale. Tutto avviene, tutto passa nella famiglia dove il bambino diventa adulto.

Questa dinamica innesca profonde conseguenze antropologiche, sociali, culturali ed economiche che il cinema ha descritto in migliaia di pellicole.

Per certi aspetti si potrebbe quasi affermare che non esista una pellicola cinematografica che in modo diretto o indiretto non descriva le relazioni intrafamiliari ed extrafamiliari dei protagonisti e delle storie affidate alla celluloide.

Di volta in volta la famiglia è considerata un filtro, un’oasi, un rifugio, uno specchio degli eventi che cambiano il mondo.

In particolare il cinema dal punto di vista storico e sociale ben descrive la modifica del rapporto Famiglia/Società, ed al suo interno il rapporto uomo-donna-bambino, a partire dal secondo dopoguerra ad oggi passando così dunque attraverso il boom economico, la protesta giovanile, l’emancipazione della donna, il crollo delle ideologie.

Il cinema parla, attraverso la famiglia, dell’uomo all’uomo e si confronta con i grandi temi che sconvolgono le relazioni umani e sociali: droga, handicap, crisi d’identità, eutanasia, aborto, razzismo, tradimento, autoritarismo.

L’eclisse dei padri

Il Novecento  è come un secolo sospeso tra Peter Pan e Franz Kafka rispetto al rapporto cinematografico tra infanzia e società. Il cinema dopo aver descritto la potenza espressiva dei bambini nel Neorealismo lascia irrompere sulla scena la categoria dei giovani che coincide con l’eclisse dei padri. I padri scompaiono dalla scena, scompaiono i loro corpi ed i loro linguaggi. Essi non sono in grado di imporre tempi e regole ed il cinema descrive la parabola di una rivolta senza progetto, attraversa l’illusione di cambiare il mondo, assiste al tramonto dei fini nell’epoca della surmodernità dove scompare la famiglia sociale, è a rischio quella biologica, si esalta la famiglia economica.

Esiste, infatti,  un’originale contemporaneità tra la nascita del cinema e la psicoanalisi ma il cinema rispecchia più direttamente l’evoluzione della mentalità e della società. Da almeno due generazioni, i genitori hanno perso non solo autorità ed autorevolezza ma hanno anche abbandonato la normale funzione narrativa, punitiva, protettiva. Ne discende una vera e propria rottura degli equilibri sentimentali-affettivi con un’inversione dei ruoli adulto-bambino.

Ne consegue anche l’evoluzione del genere “cinema per ragazzi” che da pellicola a marcata impronta pedagogica-educativa diventa strumento capace di cogliere i fermenti della società in mutamento anche in relazione all’evoluzione dell’industria cinematografica e all’abbassamento dell’età media degli spettatori (nell’ultimo anno, settanta dei cento milioni di spettatori cinematografici aveva un’età compresa tra i 15 ed i 35 anni).

La rappresentazione della famiglia

Esiste una forte interazione, dunque, tra il contesto sociale e la famiglia che ne riflette ideologie, fermenti, rapporti. Due gli assi portanti delle dinamiche del nucleo familiare: la spinta verso il privato e la dinamica socioculturale di alternatività/subalternità rispetto alla società. La famiglia diventa  una sorta di base ed icona allo spirito della comunità, quasi un pretesto per raccontare altro.

Emerge così – dalla celluloide – una rappresentazione dell’universo familiare variegata, complessa e difficile da perimetrare: agglomerato di persone riunite solo sotto lo stesso tetto, luogo mentale dove è permesso lo scambio di emozioni e di affetti, incrocio di conflitti intergenerazionali, coacervo di drammi e di passioni personali, contenitore adeguato degli psichismi dei singoli componenti, spazio comunicazionale confuso, regno di triangolazioni, luogo di violenze e di abusi sommersi e taciuti.

Una famiglia che di volta in volta è descritta come inesistente, sfondo, dimenticata, anaffettiva, estremizzata, folle, lacerata ma che comunque rappresenta una tappa evolutiva fondamentale per la formazione dell’identità individuale.

Media Education: qualche consiglio pratico

Le considerazioni emergenti interpellano le famiglie e gli educatori più attenti e responsabili allo svolgimento – partendo dal cinema – di un necessario e decisivo programma di media education.

Una reale educazione al cinema deve saper valorizzare l’aspetto pedagogico non solo della visione della pellicola ma dell’intera esperienza cinematografica. È  necessario mettere in pratica una sorta di decalogo per aiutare la famiglia a diventare luogo privilegiato di educazione ai media: condividere con i figli, scegliere e non subire le proposte mediatiche; vedere film non lasciando mai soli (una balia elettronica) ed in silenzio (assenza di critica) i ragazzi; esercitare le responsabilità sociali nei riguardi dei produttori, delle istituzioni e del mercato. I media sono una finestra sul mondo, come suggerisce il Cardinale Emerito di Milano Carlo Maria Martini. Tocca alla famiglia imparare ad aprirla e chiuderla con saggezza.

Un cammino da condividere

La famiglia conosce una profonda crisi d’identità antropologica e ruolo sociale. Di questa crisi è in parte responsabile anche il sistema mediatico che veicola disvalori etici e relazionali.

È dovere degli educatori della comunicazione sociale spendere i talenti della nostra passione civile al servizio di quella che riteniamo esser la cellula fondante della società, il nucleo costitutivo della vita democratica, la sede privilegiata degli affetti, una piccola chiesa domestica.

È necessario rilanciare l’esortazione “Famiglia diventa quello che sei!”. Dobbiamo aiutare i genitori ed i figli, i bambini e gli adulti, le madri ed i figli, le figlie ed i padri a riscoprire il patrimonio di ricchezza umana, solidarietà condivisa, speranza vissuta della famiglia.

Una famiglia intelligente, aperta al mondo, capace di aprire e chiudere le finestre mediatiche con oculatezza lasciando in entrare in casa le enormi potenzialità di questi strumenti meravigliosi (così li definisce il Concilio Vaticano II) e sbattendo fuori la volgarità, l’offesa alla dignità umana, l’egoismo, la superficialità.




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