Molta burocrazia e poca sostanza

di Marco Giordano

Regolamenti regionali in materia di affido nelle regioni del Sud

Quando si parla di affido familiare e di accoglienza residenziale di bambini e ragazzi vengono subito alla mente le conquiste degli ultimi anni, scandite in particolar modo dalla legge 149/01, che ha rilanciato l’accoglienza in famiglia disponendo la chiusura dei grandi istituti educativo-assistenziali.

In verità, quando poi ci si impegna concretamente nel campo dell’affido familiare, ci si rende conto che gran parte del percorso è disciplinato non già dalla legge nazionale, bensì da specifici regolamenti regionali.

Regolamenti che, soprattutto al Sud, spesso traducono i principi generali in norme che non favoriscono o, addirittura, ostacolano il buon funzionamento delle cose.

Non è un caso che la Rete sociale “Bambini, ragazzi e famiglie al Sud” (cui aderiscono numerose organizzazioni no-profit meridionali) abbia programmato per il 24-26 ottobre 2008 in Calabria, un convegno dal titolo “Agire Comunitario e processi di istituzionalizzazione dell’accoglienza“ per mettere in risalto i limiti di una logica regolamentare che persegue la qualità dell’affido “esasperando la proceduralizzazione ed il controllo dell’accoglienza“.

Sotto la lente sono i regolamenti affidi di Basilicata, Puglia, Calabria e Campania dalla cui analisi emerge la previsione di un complesso sistema di gestione, composto da un reticolo uffici, servizi, centri di coordinamento, …

Quel che invece sfugge è la necessità di lavorare sulla promozione di “relazioni comunitarie”, cioè di stimolare ed accompagnare una sempre maggiore attenzione ed attivazione delle famiglie, dei quartieri, delle parrocchie, … verso la “presa in carico” dei problemi dei propri vicini.

Anni di attività nel sociale hanno dimostrato che il lavoro di promozione di una “coscienza comunitaria diffusa” si fa soprattutto attraverso la valorizzazione delle esperienze positive, cioè delle reti di solidarietà già attive (gruppi di volontariato, associazioni di famiglie, …).

Auspichiamo dunque un più chiaro impegno degli Enti Pubblici nel coinvolgimento delle reti comunitarie (ed in particolare delle associazioni di famiglie affidatarie) nelle attività di sensibilizzazione, di formazione e di sostegno delle nuove famiglie disponibili all’accoglienza di un minore. E perché no, visto che la legge quadro sui servizi sociali (legge 328/00) lo prevede, auguriamo anche il coinvolgimento dell’associazionismo familiare nella definizione degli obiettivi perseguiti dagli stessi servizi sociali pubblici!




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