Il coraggio di guardare al futuro

di Raffaele Iaria

Una reale educazione al cinema deve saper valorizzare l’aspetto pedagogico non solo della visione della pellicola ma dell’intera esperienza cinematografica. In che modo le famiglie possono essere aiutate a fare questo passaggio?

Un tratto comune dei giovani di oggi – ha detto il sociologo Franco Garelli, intervenendo al Convegno, può essere definito “generazione senza”: “senza la voglia di crescere, senza un lavoro stabile, senza prospettive certe, senza intenzioni verso la costruzione di una famiglia futura, senza le preoccupazioni sociali presenti nei loro coetanei del passato”. Per Garelli, tutto ciò “impedisce a molti giovani di pensare concretamente al proprio futuro e a vivere una speranza nel futuro. E i lavori precari sono un elemento che ostacola la maturazione di tempi giusti per costruire questo futuro”. Parlando poi delle coppie giovani il sociologo ha detto che non si è perso il valore affettivo nella coppia ma “si vuole vivere questo rapporto in modo personale senza dare una rilevanza pubblica” con il matrimonio.

Per l’occasione è giunto in Calabria il presidente dei vescovi italiani, il card. Angelo Bagnasco, che ha celebrato, nel Palatenda del Villaggio Palumbo, una solenne liturgia eucaristica con alcuni vescovi calabresi. “Come credenti che vivono nella storia a modo di lievito e luce – ha detto il card. Bagnasco nell’omelia –  non possiamo non desiderare che i giovani che guardano al matrimonio trovino anche l’aiuto dell’intera società dove vivono e di cui sono parte viva. Si tratta del contesto socio culturale che dovrebbe accompagnare i giovani in generale nei loro progetti di vita”.

Ad aprire il convegno il presidente della Commissione Cei per la famiglia mons. Giuseppe Anfossi, secondo il quale ci sono oggi alcuni fenomeni, sempre più in crescita, come quello dei conviventi, che “ci chiedono una riflessione seria: sta diventando diverso il concetto di matrimonio nei giovani e in coloro che si avvicinano al matrimonio, dopo anni di convivenza e a volte con figli”. Sintetizzando i lavori del convegno di Cotronei, mons. Nicolli sottolinea l’importanza dei percorsi di preparazione al matrimonio: questi – dice – sono come un “seminario” che forma dei “ministri consacrati” al servizio della Chiesa. Nel nuovo rito del matrimonio, infatti, gli sposi vengono “consacrati con l’imposizione delle mani e l’invocazione dello Spirito”. Il direttore dell’Ufficio Cei ricorda che in Italia ci sono “seminari” pieni di fidanzati che chiedono il matrimonio cristiano e che “sono disposti a fare un percorso di formazione per prepararsi a vivere bene la loro vocazione sponsale e a esercitare bene il loro ministero nelle comunità cristiane”. A livello nazionale, circa il 70% dei giovani, che si sposano, scelgono di farlo “in Cristo e nella Chiesa”, per questo “non possiamo permetterci di gestire i seminari (corsi pre-matrimoniali) con superficialità e pressapochismo: dobbiamo investire in essi le risorse migliori” per non arrivare al “giorno in cui, come avviene in molti Paesi europei, dovremo anche noi vedere i seminari vuoti perché i giovani non chiedono più il matrimonio cristiano”.




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