Giovani

“Voglio ballare, ascoltare la musica latina, voglio lasciare che i pensieri più dolorosi scivolino via…veloci, come le gocce di pioggia sul finestrino di un’auto in corsa”

Storia di Josè raccolta da Silvia Sanchini

Oggi Silvia nel suo blog ci racconta la storia di Josè: sudamericano, 18 anni, avverso ad ogni regola…La speranza di un futuro migliore, attendendo il figlio dalla sua ragazza, si schianta in una notte come le altre, con la sua auto ad alta velocità.

È il 13 marzo. Siamo nati nello stesso giorno, non posso dimenticarlo. Gli ho telefonato, era sorpreso. “Auguri Carlo…non pensavi che me lo sarei ricordato, vero?”. Carlo mi piace. Ed è strano, perché ho un’allergia a pelle per gli educatori, ma forse in generale anche per gli adulti. A scuola sono sempre stato considerato un caso disperato. Ultimo banco, cuffie nelle orecchie, berretto in testa…non importa a nessuno di quello che faccio.

Ma Carlo mi osserva, da lontano. Sembra quasi che abbia simpatia per me, e questo è incredibile perché in questi anni ho fatto di tutto per rendermi sgradevole. Piccoli furti, risse, sospensioni, offese agli insegnanti.

Non ho niente da perdere perché a casa non c’è nessuno che possa rimproverarmi o preoccuparsi per me.

Vengo dal Cile, anche se sono in Italia da molti anni. Però il Sudamerica lo porto nel cuore. Non so perché, visto che di quel paese ho solo ricordi tristi. Sono qui con mia madre, che però lavora tutto il giorno per pagare l’affitto della casa in cui ci troviamo. Mio padre non so neppure da che parte di mondo si trovi. Sono stato qualche settimana in una comunità di accoglienza, ma non riuscivo a starci. Le regole della comunità erano paletti troppo stretti per me, e sono scappato. Ho convinto la mia assistente sociale a farmi tornare in casa con mia madre.

Non so perché, ma a Carlo queste cose le ho raccontate tutte. Ed è l’unico a scuola con cui ne ho parlato.

Forse perché ha quel modo di prendermi in giro e provocarmi che non mi offende, anzi. Mi diverte.

Oppure perché non mi ha guardato con disapprovazione neppure quella volta in cui gli ho raccontato che la mia ragazza era incinta, che era stato un incidente, ma che quel bimbo avevamo deciso di tenerlo e per questo stavo cercando un lavoro e una casa più grande in cui andare a vivere.

Con lui non devo mentire, sa come sono fatto, e forse si è accorto del dolore che ho dentro e che nascondo dietro quell’atteggiamento strafottente che tanto irrita tutti gli altri.

Sarà perché siamo nati lo stesso giorno?

Ho lasciato la scuola, da qualche settimana.

Devo dedicarmi alla ricerca di un lavoro, non ho tempo da perdere. Però ogni tanto passo a trovare Carlo, gli chiedo se ha notizie, gli racconto delle ecografie in cui per la prima volta vedo il mio piccolo Miguel.

Si è attivato per trovarmi una casa, mi ha dato il numero di telefono di un altro ragazzo, un ex alunno della scuola, che può darmi una mano.

Tutto il giorno penso al bambino ma la sera voglio ancora divertirmi, in fondo ho solo 18 anni. Voglio ballare, ascoltare la musica latina, bere e stare alzato fino a tardi. Non voglio pensare, voglio lasciare che i pensieri più dolorosi scivolino via…veloci, come le gocce di pioggia sul finestrino di un’auto in corsa.

Già, un’auto in corsa. Mi è sempre piaciuta la velocità.

Anche questa notte è uguale a tante altre. Musica a tutto volume, in un locale che mi piace. Gente che balla, si dimena, cerca di rimorchiare, si diverte. Qualche drink, sguardi di sfida con gli altri ragazzi che guardano la mia donna. È tardi, sono le 5 del mattino. Domani mattina ho un appuntamento in un’agenzia immobiliare…non posso arrivare tardi anche questa volta. Saliamo in macchina. Sono un po’stordito ma voglio guidare. Spingo il piede sull’acceleratore. La strada è buia, ma non mi sembra di vedere ostacoli.

La scuola. Miguel. Carlo. Il lavoro. Devo smettere di pensare.

Accelero di nuovo e poi…la luce si spegne del tutto, un tremendo schianto.




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