aborto

Cara Selvaggia e cara Giuditta… vi scrivo

Cara Selvaggia e cara Giuditta

Di Giovanna Abbagnara

Due donne, Selvaggia Lucarelli e Giuditta Pini parlano di aborto e di obiezione di coscienza. Rispondo alle loro parole perché sono una donna, amo le donne ma amo anche la verità. E se questo significa stare in posizioni scomode, di minoranza, insomma a pagare un prezzo, io ci sono.

Cara Selvaggia, cara Giuditta,

vi scrivo perché ho un impellente bisogno di dirvi quanta commozione c’è nel mio cuore per le cose che in questi giorni avete scritto e donato largamente ai vostri lettori o elettori che vi seguono, vi stimano e sono pronti a sottoscrivere ogni parola. Ho pianto per voi. Ho pianto per i vostri pensieri, per le vostre esperienze per le vostre idee. Sapete perché? Perché siete donne e le donne sono speciali, le donne hanno, rispetto all’uomo, una capacità in più: quella di accogliere la vita. Un mistero troppo alto perché possa essere contenuto nella sfera del principio dell’autodeterminazione, un miracolo troppo grande perché se ne possa parlare con il lirismo del “sono cazzi miei”! 

Non riesco a tacere, sapete perché? Perché al centro della quotidiana battaglia che con la mia rivista portiamo avanti da anni ci sono due protagonisti: il bambino e la sua mamma. Non è possibile scinderli, non è possibile ideologizzare il loro rapporto, non è possibile separarli. Ed è ciò che fate voi, che fa la cultura abortista in generale. Da un lato la donna, meglio definirla la mamma, dall’altro il feto, meglio definirlo il figlio. Quando si parla di aborto, anche quando si è antiabortista, bisogna sempre guardarli insieme. Mamma e figlio. Qualcuno dovrebbe avere il coraggio di dire onestamente come stanno le cose. Le donne se vogliono essere veramente libere di scegliere, dovrebbero sapere veramente l’aborto cosa significhi per la sua vita e per quella dei suoi figli. 

Tu, cara Selvaggia, hai la mia età. Siamo dunque in quella fase della vita dove ci fermiamo per guardare indietro e ripercorrere le tappe del nostro cammino e delle esperienze che ci hanno portato ad essere quelle che siamo oggi. Ho un grande rispetto per la tua vita. Non sono certamente io a giudicare le tue scelte. Ti vorrei stringere forte quando scrivi dalle pagine del tuo blog al povero e contraddittorio Salvini – che è meglio su alcuni punti taccia ma non me ne preoccupo perché è un uomo e gli uomini capiscono poco di queste cose – che hai abortito volontariamente “più di una volta” e aggiungi “potrei raccontarti di una ragazza che piangeva in un letto d’ospedale e di una che ha preso veloce la sua borsa ed è scappata via sollevata. Di me che ho sofferto o che sono stata fredda, senza mai dimenticare, qualunque fosse il mio stato emotivo, che stavo decidendo per me, che stavo decidendo io, che nessuno poteva e doveva farlo al posto mio. Che io sola sarei stata il giudice legittimo delle mie azioni. Che quello che stavo facendo era la conquista di donne coraggiose che hanno lottato per me, che indietro non torno e non si torna”. Ciò che mi ferisce nelle tue parole è il profondo senso di solitudine: “io sola sarei stata il giudice legittimo delle mie azioni”. Sola davanti a un diritto. Sola davanti ad una scelta. 

Eppure, non lo eri, cara Selvaggia, tuo figlio, ogni volta era con te. Era con te mentre pensavi di essere sola, era con te quando decidevi la tua e la sua sorte. Lui c’era anche se non riuscivi a sentirlo, lui c’era anche se nessuno te l’ha ricordato. E lui c’è ancora, perché le leggi, l’autodeterminazione, il diritto, possono uccidere il corpo ma non l’anima. Quella è eterna, è immortale. Puoi sempre riconciliarti con i tuoi figli. C’è sempre tempo per cambiare strada.  

Il dolore per il tuo articolo si è amplificato quando ho letto il post di un’altra donna. Questa volta un deputato, Giuditta Pini che si scagliava come una iena contro i medici obiettori e che, cito il suo post “Per garantire che la legge 194 venga applicata, ho presentato un disegno di legge che dice una cosa molto semplice. Vuoi fare il primario di ostetricia e ginecologia? Non puoi essere obiettore”. In poche parole: se hai una coscienza non puoi fare carriera. Se non sei a favore dell’aborto resterai, sempre e comunque, un bravo medico ma mai primario. Anche se te lo meriti. 

Forse cara Giuditta, ti sfugge un piccolo particolare nel tuo ragionamento e cioè senza la “coscienza” il medico non è più il medico, ma un mero esecutore, un servo-tecnico della salute chiamato, grazie alle sue abilità, a soddisfare le richieste di chiunque, indipendentemente da qualunque valutazione rispetto alla risposta al bisogno di salute. In più questa bufala delle donne che non riescono ad abortire perché non si trovano medici non obiettori in Italia, è una vera e propria fake news costruita ad arte che serve solo ad accrescere l’ignoranza della gente. 

Perché se il 15 agosto vuoi abortire, un medico lo trovi sempre. Se hai un’appendicite neanche a pagarlo oro! Quindi smettiamola di dire cavolate e cerchiamo di essere seri. Mi rattrista che sia tu, una donna, a dire queste cose, a consumare le tue forze per queste battaglie inutili quando puoi fare tanto e meglio per le donne del tuo Paese. 

Cara Selvaggia, cara Giuditta, le vostre idee, le vostre parole sono importanti. Influenzate le nuove generazioni. Le ragazzine vi seguono e poi… restano anche loro imbrigliate in un mondo di bugie e di compromessi. Consapevoli o meno, quando la verità non ha il primo posto, si paga sempre un prezzo altissimo. Molto alto.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

1 risposta su “Cara Selvaggia e cara Giuditta… vi scrivo”

Gentile Giovanna, ho apprezzato molto il tuo articolo di commento indirizzato a Selvaggia e Giuditta. Ne ho apprezzato il garbo, il piglio e l’articolazione chiara sull’argomento vita-aborto.
Quando si mette al centro solo se stessi senza dare valore all’altro che bussa timidamente e chiede di venire al mondo, è la fine di una società che ama addirittura definirsi civile, sociale e solidale!
Grazie Giovanna del tuo intervento, mi auguro che possa portare ad una lettura meditata di Selvaggia e Giuditta e di tutte le donne che hanno avuto e che avranno il dono di avere tra il proprio grembo la VITA!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.