Coronavirus

“Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto”: 10 regole per ricominciare

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di Giovanna Abbagnara

“Finalmente si torna alla normalità” sento da più parti dire questa frase come un mantra per convincere più se stessi che gli altri. Ma quale normalità stiamo cercando di rincorrere? Quella di prima, frenetica, edonistica, sballata dove ognuno rincorreva i propri progetti e le proprie passioni o una normalità che la pandemia ha reso migliore? Una quotidianità dove c’è più spazio per pensare, pregare, amare, fermarsi, studiare...?

Quante sovrastrutture sono cadute in questo tempo, obbligandoci a fare una seria verifica della nostra vita, a passare al setaccio tutte le relazioni da quelle più intime e importanti come quelle familiari a quelle amicali o lavorative! Ed ora? Siamo proprio sicuri che vogliamo tornare alla vita di prima? Questo tempo è stato difficilissimo, chi come me ha avuto la pazienza di tenere un diario dei giorni di pandemia, potrebbe rileggerlo e magari stupirsi di quello che ha scritto: giorni di paura, di notti insonni, di insofferenze che emergevano come meduse sull’acqua, ma anche occasioni di dialogo più tranquille, attività con i figli, tempo di scorgere la bellezza della natura, di fare il pane in casa. 

Fare memoria di questo tempo può aiutarci a vivere un oggi più pieno e a proiettarci verso un futuro migliore. I superstiti non dimenticano la tempesta, le ferite restano anche solo per ricordarci l’essenziale. Sta a noi trasformarle, come amava scrivere Carlotta Nobile, una giovane beneventana morta a 24 anni per un tumore che le aveva lasciato cicatrici in tutto il corpo, in punti di innesto delle nostre ali. In caso contrario, le ferite possono diventare dirupi in cui cadere precipitosamente e occasioni per rifare gli stessi errori di sempre. 

Questo scenario chiaramente è amplificato da chi la pandemia l’ha vissuta molto da vicino nel senso che è stato colpito dal virus o un suo caro familiare lo è stato. Personalmente una mia cara amica, già provata da una lunga malattia, ha vissuto un mese rilegata in una stanza di ospedale, sola, con la preoccupazione dei familiari a casa anch’essi colpiti dal virus “a tratti non riuscivo nemmeno a pregare, tenevo quella corona tra le mani e mi ripetevo Gesù ti offro tutto”. 

La pandemia ha sdoganato buone e cattive abitudini in tutte le famiglie e ha messo a nudo fili scoperti o risorse inimmaginabili. Mamme che hanno fatto ginnastica avendo come istruttori i figli palestrati, padri che hanno riguardato le partite dei mondiali con la prole, vecchi giochi di società rispolverati. Insomma, assenze trasformate in presenze. I più irriconoscibili sono stati certamente i figli più grandi. Quelli che abitavano le notti delle città, frequentavano raramente le proprie mura domestiche, interrompevano i loro silenzi con un «Io esco». Chiusi in stanza? Sulle chat per ore? Anche. Ma non solo. Hanno videochiamato pure i nonni, hanno rimpianto la scuola e l’università vera, hanno sostenuto esami e svolto compiti attraverso il web; hanno aiutato le madri, assaporato la cucina e la cena insieme e gustato il profumo del pane appena sfornato. Famiglie che si sono ritrovate a pregare insieme stretti dalla paura, riscoprendo una fede semplice e genuina.

Ho dunque tentato di mettere in fila alcuni pensieri e direi che ci sono certamente delle perle da raccogliere e custodire di questo tempo. Ecco quali: 

  1. La necessità di rimettere Dio al centro della vita quotidiana familiare. La sua centralità non impedisce di vivere la tempesta ma ci dona la certezza che Lui è nella barca insieme a noi. Tutto questo è molto consolante.
  2. Bisogna custodire la relazione coniugale. Spesso gli impegni lavorativi e forse anche quelle ecclesiali, soffocano la condivisione e il tempo del dialogo. La pandemia ci ha insegnato quali sono le priorità e il dialogo è una di queste se vogliamo crescere nell’unità.
  3. Il dolore, la sofferenza, le paure devono essere condivise e vissute in comunione per evitare che ci immobilizzino o ci rinchiudano in noi stessi e nello stesso tempo accolte e offerte con fede e fiducia nella consapevolezza che lì dove la croce è portata con amore genera frutti di bene nella nostra vita. 
  4. La casa è il luogo dove si vive la liturgia domestica, dove risuona la Parola e dove si innalzano lodi a Dio. Le celebrazioni virtuali sono state utili ma più utile è che la famiglia impari a pregare con parole e gesti significativi.
  5. La convivenza si deve trasformare in condivisione. Finché ciascuno, papà, mamma e figli ha i propri impegni 7 giorni su 7, il rischio è di convivere più che vivere l’esperienza familiare. La pandemia ci ha insegnato a rivedere i ritmi familiari e a dare più spazio di qualità al tempo passato insieme.
  6. Fare delle attività insieme fortifica l’unità. Durante la pandemia, c’è chi si è riservato di fare sport insieme ai figli, chi ha preparato il pane, la pizza o il dolce per la domenica con i figli. Custodire queste cose semplici che aiutano a fare famiglia. 
  7. La forzata lontananza con le persone anziane della nostra famiglia ha evidenziato quanto sia importante la presenza e la relazione con loro. Prima di essere risucchiati dal vortice delle cose da fare, ripensiamo al tempo da trascorrere con i genitori anziani, i parenti o quanti hanno necessità di sentirsi amati e accompagnati. 
  8. Il ruolo delle donne in famiglia. Alcuni studi hanno rilevato che le donne in questo tempo si sono caricate del peso dei figli, del lavoro, della casa senza alcun aiuto. È importante che una famiglia ripensi anche a questa grande responsabilità e cerchi di organizzarsi di conseguenza mobilitando tutti. 
  9. A tal proposito tante donne e mamme hanno sperimentato lo smart working che ha permesso loro di partecipare maggiormente alla vita dei loro figli. È un’opportunità che la pandemia ha reso possibile ma anche forse attualizzabile al di là dell’emergenza.
  10. Infine, ma non alla fine, la famiglia con la privazione eucaristica ha sperimentato quanto l’Eucaristia fa la famiglia ed è fonte di unità. Può dunque diventare l’opportunità per crescere nell’amore verso Gesù sia partecipando più frequentemente alla Celebrazione sia invitando tutta la famiglia a vivere l’Adorazione eucaristica periodica. 

Seneca amava ripetere che “Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto”. Impariamo a dare valore ai giorni bui e a fare tesoro di ciò che abbiamo imparato a caro prezzo.




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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

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