Giovanni Paolo II

Cosa ci ha insegnato il 13 maggio 1981?

San Giovanni Paolo II

di Giovanna Abbagnara

Sono trascorsi 40 anni dall’attentato a Giovanni Paolo II in piazza san Pietro per opera di Mehmet Ali Ağca. Tante cose sono ancora inspiegabili ma la testimonianza del Papa resta come un faro di luce, una sorgente sempre fresca di vita interiore da cui attingere a piene mani per la nostra vita.

Sono le cinque. Mi alzo molto presto, molto prima della sveglia e decido che è meglio approfittare delle energie delle prime ore della giornata e fare le cose con calma. Così vado in cucina, chiudo bene le porte per non disturbare il sonno di chi beatamente riposa ancora e decido che stamattina posso anche preparare qualcosa di buono per la colazione, c’è tempo. Metto il grembiule e comincio a impastare i pancake che piacciono a tutti. 

Mi faccio accompagnare dalla radio. Poiché è presto per le notizie del giorno, ricerco Radio Maria. Sta per iniziare il Rosario. Improvvisamente mi devo fermare, depongo il cucchiaio nella ciotola e chiudo gli occhi. Il cuore è un sussulto. La voce calda e sicura di san Giovanni Paolo II mi raggiunge e con essa le immagini nella mia mente degli anni giovanili trascorsi accompagnati dalla sua presenza, dalle sue parole, dal suo meraviglioso Magistero. 

Oggi è un giorno speciale. Un anniversario tondo. Ricordiamo i 40 anni dall’attentato del 13 maggio 1981 in piazza san Pietro. Un evento preceduto da un fatto poco conosciuto. La sera del 12 maggio, vigilia dell’anniversario, mentre stringeva le mani dei fedeli, il Papa è avvicinato da un uomo che si scaglia contro di lui armato di una lama lunga quanto una baionetta, al grido “abbasso il Papa, abbasso il Vaticano Secondo!”. È un prete tradizionalista, poi bloccato dalla sicurezza. L’evento è minimizzato, ma solo nel 2008 don Stanislao ammette che Wojtyla era stato ferito. 

Il giorno successivo, sono le 17.17, papa Giovanni Paolo II attraversa piazza San Pietro per salutare i fedeli durante la tradizionale Udienza generale del mercoledì. La piazza è gremita di gente, quando il killer professionista di origine turca, Mehmet Ali Ağca, che si trovava a soli tre metri di distanza, sferra tre colpi di pistola contro il Santo Padre. Una delle pallottole passa ad un soffio dall’aorta e non intacca la colonna vertebrale. Le immagini fanno il giro del mondo. Il Papa si accascia tra le braccia del suo inseparabile segretario, don Stanislao, la corsa al Gemelli, l’operazione durata cinque ore e mezzo. Il fiato sospeso del mondo intero. 

E quella voce che sembrava spenta. Quella voce che qualcuno voleva zittire per sempre e invece cinque giorni dopo, dai microfoni di Radio Vaticana, alle 12 in punto, per la recita della preghiera mariana, quella voce flebile, tremante ma piena di speranza, torna a farsi sentire: “Carissimi fratelli e sorelle, So che in questi giorni e specialmente in quest’ora del Regina Coeli siete uniti con me. Vi ringrazio commosso per le vostre preghiere e tutti vi benedico. Sono particolarmente vicino alle due persone ferite insieme con me. Prego per il fratello che mi ha colpito, al quale ho sinceramente perdonato. Unito a Cristo, Sacerdote e Vittima, offro le mie sofferenze per la Chiesa e per il mondo. A Te Maria ripeto: “Totus tuus ego sum”.

E poi dopo una settimana, il 24 maggio 1981, sempre dal letto del Policlinico Gemelli, ancora la sua voce: “Quando, all’indomani della mia elezione alla Cattedra di Pietro, venni per una visita al Policlinico Gemelli, dissi di voler “appoggiare il mio ministero papale soprattutto su quelli che soffrono”. La Provvidenza ha disposto che al Policlinico Gemelli ritornassi da malato. Riaffermo ora la medesima convinzione di allora: la sofferenza, accettata in unione con Cristo sofferente, ha una sua efficacia impareggiabile per l’attuazione del disegno divino della salvezza. (…) Invito tutti gli ammalati ad unirsi con me nell’offerta a Cristo dei loro patimenti per il bene della Chiesa e dell’umanità”. 

La Vergine Maria e la sofferenza: due dei capisaldi più importanti del suo ministero petrino. Un’eredità preziosa per la Chiesa e per ciascuno di noi. Inizia un nuovo capitolo del suo pontificato a partire da quel 13 maggio. Un capitolo lungo, che durerà 24 anni ma accompagnato da quella ferita nel corpo e dalla dolcezza della Madre di Dio, dalla certezza del suo intervento materno che lo aveva preservato da una morte certa.

Oggi non ricordiamo solo un evento storico né solo un evento prodigioso. Quel giorno, ancora per certi versi così pieno di ombre su chi fosse stato il mandante, chi era la suora che si era aggrappata al braccio dell’attentatore, perché si decise di andare al Gemelli e non all’Ospedale più vicino…e tanti altri particolari interessanti, costituisce un grande monito e invito per la vita interiore. È come se le parole così belle, grandi autorevoli di Giovanni Paolo II, ricevessero dalle ferite del corpo e dell’anima un valore aggiunto. Il Papa diventa lui stesso un Magistero vivente mostrando al mondo la via del perdono, della croce e della fiducia totale nella Vergine Maria. E lasciando a noi una grande eredità su come vivere e affrontare i giorni della sofferenza.




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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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