Dl Infrastrutture e LGBTI: approvata la norma “antidissenso”

Senato

Francesco Gasparetti - CC BY 2.0

È stato approvato l’emendamento del disegno di legge sulle infrastrutture. Divieto di affiggere manifesti giudicati “lesivi delle libertà individuali”. Che vuol dire? Se anche una opinione fosse sbagliata è legittimo vietare la diffusione di qualunque idea non omologata al pensiero dominante ma non per questo “aggressiva”, “violenta” o “lesiva”?

Qual è la portata dell’emendamento “contro l’omofobia” inserito nel DL Infrastrutture? È l’ennesimo tentativo di comprimere libertà costituzionali approfittando della giusta campagna di sensibilizzazione contro atteggiamenti violenti e discriminatori che coinvolgono le scelte personali legate all’orientamento sessuale? Nutrire dubbi è legittimo. Soprattutto alla luce della bieca propaganda che ha fatto seguito alla frenata sul famigerato Ddl Zan. Si è ironizzato sull’esultanza degli oppositori della legge senza pensare che a quel muro contro muro si è arrivati per responsabilità politiche di chi in quel Ddl contro l’omofobia ci ha voluto infilare di tutto, dal superamento del dato sessuale “oggettivo” di natura biologica alla propaganda gender nelle scuole. 

Non mi scandalizzo di quell’esultanza così criticata, anzi. So di attirarmi nuove critiche ma sento di dirlo a chiare lettere: ben venga esultare se con un colpo di coda Davide ha saputo utilizzare una fionda per abbattere il gigante Golia. Beninteso, lo dico con scarsa simpatia politica per i vari Salvini, Pillon e compagnia cantando. Ma se il portiere para un rigore ingiustamente assegnato per un fallo inesistente, con un arbitro che si rifiuta di andare al VAR per partito preso, esultare è più che legittimo: è doveroso. Come condannare dunque il tifoso che ha esagerato un po’ nell’esultare? Mi scuso per la metafora calcistica ma forse questa aiuta a comprendere meglio la natura della posta in gioco anche per i twittatori da Bar Sport e della dinamica che ha portato la maggioranza dei senatori ad un voto di coscienza che li mettesse al riparo dalla gogna mediatica messa in piedi a reti unificate e sui social contro chiunque abbia mosso un pensiero critico a una legge scritta male.

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Ma veniamo all’oggi. Grazie a un emendamento inserito nel Dl Infrastrutture, su cui è stato posto il voto di fiducia (per capirci: un voto contrario avrebbe fatto cadere addirittura il governo), è diventato legge il divieto di apporre «sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso, dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere». Se sull’omofobia il testo non lascia grossi spazi a fraintendimenti e abusi, si parla infatti di messaggi chiaramente “offensivi” e “lesivi delle libertà individuali” oppure “discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale e all’identità di genere”, il rischio vero è per i movimenti pro vita laddove il divieto è esteso a “messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici”. Una formula così vaga che pone seri dubbi di costituzionalità. Non si potrà affiggere un manifesto che condanni l’aborto? Non si potrà più affiggere un manifesto che mostri la forma della vita alla sesta settimana? E, ampliandolo ai diritti civili, non si potrà affiggere un manifesto in cui si esprime un dissenso nei confronti delle adozioni a coppie omosessuali o contro le pratiche disumane dell’utero in affitto? Al di là delle opinioni di ciascuno qual è il limite per l’esercizio della libertà di opinione e di manifestazione del pensiero? Se anche una opinione fosse sbagliata è legittimo vietare la diffusione di qualunque idea non omologata al pensiero dominante ma non per questo “aggressiva”, “violenta” o “lesiva”?

La questione è ancora una volta tutta qui. Qualcuno vieterebbe a un terrapiattista di affiggere un manifesto? Al massimo si passerebbe oltre facendosi una risata. Il fatto che alcune idee, ritenute sbagliate, siano invece vietate, forse è indice della violenza di un pensiero omologante che intende farsi forte dell’esercizio della hybris. “Non è così!”, continuano a ripetere i promotori di queste leggi bavaglio. Gli antichi romani, esperti di diritto un po’ più degli attuali, amavano ripetere “excusatio non petita, accusatio manifesta”. Vietare opinioni legittime è l’accusa che inchioda i “paladini dei diritti civili”. Diritti tutti legittimi, ma solo se conformi all’attuale mainstream




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Vito Rizzo

Vito Rizzo è nato e vive ad Agropoli (SA). Avvocato e giornalista, autore e conduttore di programmi televisivi di informazione religiosa. È catechista, educatore di Azione Cattolica e direttore del Festival della Teologia “Incontri”. Oltre alla Laurea in Giurisprudenza all’Università “Federico II” di Napoli, ha conseguito la Laurea in Scienze Religiose presso l’ISSR “San Matteo” di Salerno e sta proseguendo gli studi teologici presso la Sezione “San Luigi” della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli. Tra le sue pubblicazioni “La Fabbrica del Talento”, Effedi editore (2012), con Milly Chiarelli “Caro Angioletto. Le preghiere con le parole dei bambini”, L’Argolibro editore (2014), con Rosa Cianciulli “Francesco. Animus Loci”, L’Argolibro editore (2018). Ha attivato un suo blog (vitorizzo.eu) su cui pubblica riflessioni e commenti e collabora alla rivista on line di tematiche familiari Punto Famiglia. Sempre con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato “Carlo Acutis – l’apostolo dei Millennials”.

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