I dieci comandamenti e la famiglia

Tuo figlio è un idolo per te? Alcuni spunti per scoprirlo…

Quando i nostri figli diventano idoli? Quando non li amiamo secondo il disegno di Dio? Oggi la parola a due testimoni, due genitori che hanno imparato ad amare davvero, cioè senza condizioni una figlia davvero speciale.

Quando diventi genitore, cambia tutto nella vita. Per me, almeno, è stato così. Ho ridefinito le priorità, ho compreso cosa significhi davvero “essere stanchi” (magari perché sei riuscita a dormire tre ore in una notte…), ho iniziato a relativizzare questioni di poca importanza.

Tra i tanti mutamenti che ho visto, molti hanno riguardato anche la mia vita di fede. In particolare, i miei esami di coscienza hanno iniziato a incentrarsi anche sul rapporto con i figli.

Come amo i miei figli? Li rispetto? Li aiuto a crescere? Sono una mia appendice? Riconosco la loro alterità?

Da qui è nata l’idea di un libro ‘Genitori sta a noi. 10 passi per vivere meglio in famiglia’ (Mimep Docete, 2022), che propone i dieci comandamenti dall’ottica di un genitore.

Nel libro, si condividono testimonianze e si portano esempi per ciascun comandamento. 

Oggi vorrei concentrarmi sul primo comandamento: “Non avrai altro Dio al di fuori di me”.

Quando mio figlio diventa un idolo? Quando prende il posto di Dio?

La risposta che ho trovato, nel mio cammino di ricerca, è questa: diventa un idolo quando ripongo in lui o in lei ogni attesa di felicità, quando gli affido il senso ultimo e definitivo della mia esistenza. Quando mi aspetto da lui che faccia risplendere me, invece di amarlo affinché sia lui a splendere.

Nel libro, ho deciso di lasciare la parola a due genitori che hanno smascherato la loro idolatria verso la figlia non senza dolore. 

Ma andiamo con ordine.

È il giugno del 1996, quando Giulia e Nicola si sposano, innamorati e pieni di gioia. Sono certi che il loro amore sia solido e che nulla potrà abbatterli. Nell’aprile del 1998, la coppia accoglie il piccolo Samuele. La felicità di essere in tre è grande, così grande che desiderano vedere la famiglia allargarsi ancora. Giulia rimane incinta nuovamente. Nasce Sara.

Stavolta, però, qualcosa che non va come previsto: la bimba mostra dei deficit importanti.

La famiglia sprofonda improvvisamente nel dolore, in una sorta di apatia esistenziale.

Passando da un ospedale all’altro, Nicola arriva persino a sperare che Dio gli porti via quella creatura: teme di non saperla accudirla. La disabilità lo spaventa, peggio, lo paralizza. 

Quell’amore, un tempo meraviglioso, appassisce. 

Leggi anche: Genitori, non chiedete a voi stessi quello che nessuno può dare (puntofamiglia.net)

I pesi sono troppo grandi, li schiacciano. I due hanno una fede debole: “Dio mi va bene, se tutto mi va bene”. È una fede immatura, soffocata dalle difficoltà. Nicola è pure arrabbiato con Dio: “perché mi hai dato una croce così? Cosa vuoi da me? Che ti ho fatto di male?”

Quando ormai sono sull’orlo del divorzio, un sacerdote consiglia a questi sposi feriti di andare in Assisi, per confrontarsi con una famiglia “speciale”, quella di Lorenzo e Marusca: due coniugi che hanno adottato un bambino con sindrome di down. La testimonianza di questi ultimi sarà un faro determinante nella vita di Nicola e Giulia.

Da loro imparano che occorre liberarsi di alcuni idoli, per poter amare l’altro veramente. Il problema di Nicola e Giulia è che vedono quella figlia come un prolungamento di sé. 

Scoprono invece che un figlio disabile ha più che mai il potere di smascherare un falso amore, perché l’amore vero è gratuito, senza pretese, non si aspetta un ritorno. 

Imparano l’umiltà di chiedere aiuto e scoprono che condividere la fatica è liberante.

Capiscono pure che la coppia – e non i figli! – va messa la centro della famiglia: è dall’amore coniugale che si origina quello per i figli, non il contrario. Il progetto è sempre sugli sposi: i figli sono sovrabbondanza dell’amore, non causa dell’amore.

Imparano che non si può sprecare tempo a rincorrere “una vita ideale”, diversa da quella che si ha: la felicità si trova nella fedeltà alla realtà e nell’amare lì, dove ti trovi, non un ipotetico altrove. 

Nicola e Giulia cambiano. Si aprono alla vita davvero. E arriva perfino un’altra sorellina: Anna.

L’impegno è notevole: hanno tre figli, il lavoro, devono seguire Sara coi suoi bisogni speciali, eppure, da quando hanno smesso di contare su di loro, di riconoscere che Dio è sempre pronto a soccorrere come Padre e che gli altri sono fratelli a cui si può chiedere sostegno, hanno ritrovato la bussola. Il segreto della felicità non è isolarsi, ma generare continuamente “comunità”. E mettere Dio al primo posto. Nessun altro, neppure i figli.

Oggi Sara ha 22 anni. I medici avevano previsto che non avrebbe mai potuto camminare e neppure parlare. Tanta è stata la premura dei genitori nell’accudirla e tanti gli stimoli ricevuti in ogni ambiente che ha frequentato, che Sara oggi si esprime da sola, anche se un po’ a fatica, e cammina sulle sue gambe. Ma soprattutto, è fiorita. Io l’ho conosciuta e ha tanta gioia di vivere, una gran voglia di fare. È una persona così felice, accogliente, “prossima agli altri” che quando la incontri pensi che l’unica disabilità da temere davvero sia l’incapacità di amare.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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