VITA NASCENTE

“October baby” e “Scartati”: un film e un libro per sensibilizzare sul rispetto della vita nascente

Riflettere su tematiche delicate può essere più semplice prendendo spunto dalle storie di un libro o di un film. La narrazione offre dilemmi e soluzioni con cui confrontarsi. Oggi vorremmo proporre proprio un film, da un lato, e un libro, dall’altro, per sensibilizzare su tematiche quali l’aborto, l’adozione e il rispetto per la vita nascente. Ecco, di seguito, i titoli.

October Baby (film di Jon e Andrew Erwin, 2011)

Questo film è tratto, in parte, da una storia vera e affronta, con rara sensibilità, il tema dell’aborto. La protagonista è un’adolescente, di nome Hannah, che scopre, di essere sopravvissuta ad un tentativo fallito di interruzione di gravidanza. La verità viene a galla perché, quando ha 16 anni, si trova ad affrontare dei problemi di salute, le cui cause risalgono, appunto, al tentativo di aborto da parte della mamma naturale. La madre adottiva le racconta, allora, senza più veli, il suo passato.

Questa situazione metterà in crisi la giovane, che si metterà subito alla ricerca della madre biologica.

Perché proponiamo questo film? Da un lato perché October baby mostra – senza retorica e senza condanne – quale grande dolore può esserci nel cuore di una donna (anche dopo anni) per aver abortito o tentato di farlo. Dall’altro, perché mette davanti ad una realtà insopprimibile: quell’aborto mancato ha permesso ad una vita umana di fare il suo corso, di crescere, svilupparsi. Di essere al mondo, con dei genitori adottivi, che l’hanno amata e supportata.

Le paure della mamma naturale di questo film sono le paure di tante donne, ma nel film si mostra il valore dell’adozione, che può essere una scelta d’amore, e non solo – come è stato per Hannah – un ripiego “perché l’aborto non era andato a buon fine”.

Il film non ha un tono di condanna né lancia anatemi contro nessuno: al contrario, non nasconde il dolore ma offre una possibilità di riconciliazione. Hannah scopre, infatti, la forza disarmante del perdono.

Colpisce, infine, l’intervista rivolta all’attrice che interpreta la mamma biologica, che ammette: “Mi è stato chiesto di svolgere questa parte senza che nessuno sapesse il mio passato, visto che lo avevo nascosto a tutti, perfino a me stessa: io avevo praticato un aborto e recitare questa parte, in questo film, mi ha portato a fare i conti con me stessa. Mi ha portato a chiedere perdono a Dio per qualcosa che avevo rimosso, ma dentro faceva ancora male. E finalmente ho sentito quel perdono, ho trovato pace”.

Scartati. La mia vita con l’aborto”, libro di Abby Johnson (Autore), G. Piombini (Traduttore), Rubbettino, 2015.

Abby dirige da otto anni una clinica abortista negli Stati Uniti: lavora per Planned Parenthood, un’istituzione “sanitaria” statunitense nata per promuovere, almeno sulla carta, la “pianificazione familiare e la tutela delle donne”. Questa istituzione, finanziata dal Governo americano, è stata oggetto di scandali, perché ha creato un vero e proprio business sull’aborto (si pensi che è stata coinvolta in reati come la vendita di tessuti embrionali di feti abortiti).

Leggi anche: In uscita “Unplanned” il film sull’aborto che ha registrato un enorme successo di pubblico negli USA… (puntofamiglia.net)

Abby crede a lungo nella bontà del suo lavoro: è una persona onesta, che pensa, in cuor suo, di aiutare le donne, quando permette loro di porre fine ad una gravidanza. Tra l’altro, lei stessa ha abortito due volte – in passato, quando stava “con gli uomini sbagliati” – e si autoconvince che, a volte, non c’è alternativa.

Si impegna così tanto nella sua professione di dirigente della clinica che ottiene vari riconoscimenti, tra cui quello di “dipendente dell’anno”.

Abby non è serena, in fondo, rispetto a ciò che fa e rispetto alla scelta di aver abortito lei stessa, ma cerca di non ascoltare i dubbi che spesso la assalgono. Vuole convincersi che dietro alla sua istituzione e al suo essere pro-choise ci sia un fine umanitario.

Le false certezze che ha iniziano a vacillare il giorno in cui il suo capo, Cheryl, espone il nuovo “obiettivo aziendale”: raddoppiare il numero degli aborti, per avere più finanziamenti statali.

In quella circostanza, inizia a realizzare che fa parte di una “macchina di morte” e che lo scopo di fondo non è affatto tutelare la salute delle donne (incentivando l’educazione sessuale), ma guadagnare sul dolore di quelle madri mancate. “C’è chi vende auto, chi vende aborti – dice Cheryl, seccata per le domande pungenti di Abby – è con l’aborto che ti pago le vacanze”.

Aiutata anche da suo marito, convinto sostenitore pro-life, la donna riesce ad ammettere che dietro all’aborto c’è un vero e proprio business; tuttavia, non è semplice per lei tagliare con il suo passato, con tutto ciò che ha sempre sostenuto e creduto.

Il “no” definitivo a quel mondo e a quella posizione rispetto all’aborto, arriverà un giorno in cui Abby collabora materialmente all’aborto, poiché manca l’infermiera di turno. D’un tratto, gli occhi di Abby, ciechi fino a quel momento, riescono a vedere ciò che succede davvero tra le pareti della sua clinica, ovvero l’uccisione di vite innocenti nei grembi delle loro madri.

In quel bimbo “aspirato via” lei vede sua figlia, Grace. Nei secondi che precedono l’operazione fissa incredula lo sguardo su quel feto di 13 settimane, che ha già due mani, dei piedini, una testolina e poi scoppia a piangere, vedendolo sparire.

A quel punto, sconvolta, lascerà il lavoro senza preavviso; verrà citata in tribunale; i colleghi la etichetteranno come traditrice, ma nel cuore troverà una pace mai trovata prima… chiederà perdono a Dio, diventerà attivista pro-life, farà di tutto per aprire altri occhi e per aiutare davvero le donne, senza che arrivino a rinunciare ai loro figli.

Esiste anche un film, Unplanned, tratto da questo libro autobiografico, che può generare dibattito e far riflettere, ma purtroppo non riesce a rendere la complessità della realtà come fa il libro da cui è tratto. Per questo motivo, a chi volesse conoscere la storia nei dettagli, consigliamo maggiormente il testo. 

Abbiamo bisogno di storie, di raccontarle, di ascoltarle: le storie mostrano in modo molto più immediato la verità, aprono gli occhi, e su temi delicati come l’aborto, possono far riflettere più di tante parole.

Per conoscere titoli di film utili per affrontare altre tematiche importanti (rapporto genitori-figli, perdono nel matrimonio ecc.) e dilemmi etici (senso della sofferenza, fine vita ecc.), consigliamo il libro Occhio al film (Franco Olearo; Cecilia Galatolo).




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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