Marina Terragni, femminista convinta: l’utero in affitto è una catastrofe per la civiltà

La rottura per soldi della relazione tra madre e figlio è una catastrofe per la civiltà. È di questo avviso Marina Terragni, laica e femminista convinta. Afferma: “Il sincero democratico, ovviamente antispecista, non lo farebbe mai a cani, gatti e lucertole ma per la sua specie – avendo pagato – fa eccezione e si porta a casa il bioprodotto appena sfornato”.

«Primo diritto di un bambino è non essere separato dalla donna che l’ha partorito che per lui – ma anche per la legge: semper certa – è sua madre. Quasi mai nelle Gpa [gestazione per altri] la gestante è anche madre genetica, l’ovocita è di un’altra donna ma il problema si porrà solo in seguito. La belly-mommy [mamma di pancia, cioè naturale], come la chiamano pucciosamente i committenti, per il neonato è mommy e basta. La creatura ne riconosce odore, temperatura, ritmo del cuore, voce. Se la appoggi sulla belly di mommy si arrampicherà come un freeclimber fino alle mammelle: partorire per credere. Cellule del bambino sopravviveranno nel corpo della gestante per molti anni (microchimerismo materno-fetale). La rottura per soldi di quella relazione che fonda civiltà è una catastrofe per il piccolo umano e anche per la civiltà. Il sincero democratico, ovviamente antispecista, non lo farebbe mai a cani, gatti e lucertole ma per la sua specie – avendo pagato – fa eccezione e si porta a casa il bioprodotto appena sfornato».

Sono le sfolgoranti parole dedicate da Marina Terragni al tema attualissimo dell’utero in affitto (cfr. Il Foglio, 21 marzo 2023). 

Laica di formazione e femminista per scelta, la Terragni combatte da tempo un’intrepida battaglia per il rispetto integrale della donna. Non parla a vanvera di “diritti” ma entra nel cuore dei problemi e, attraverso argomentazioni razionali, razionalissime, li spiega con lucidità rendendo così possibile anche un’eventuale confutazione. (Che per il momento però non è ancora venuta: i fatti riluttano a farsi da parte!).

Lo stile di Marina aiuta il suo ragionamento: mette insieme termini tecnici, anglismi e anche parole raccattate dallo slang (“pucciosamente”). La sintassi, agilmente paratattica, concorre a sua volta alla messa a fuoco delle idee.

Nel merito, in questo stralcio è rappresentata – proprio nel senso di “fatta vedere” – la pratica della gestazione di un bambino per conto di altri, quando cioè una povera ragazza, che di solito è anche una ragazza povera, mette a disposizione la propria pancia per far nascere un figlio che sarà poi destinato a una coppia (etero o gay). Naturalmente, la prestazione, per quanto ipocritamente lo si neghi, non è gratis: quando mai una persona può rendersi disponibile a tale lunga e faticosa trafila senza un riconoscimento anche economico? E non è questo un tipico sfruttamento dell’uomo sull’uomo, per usare le parole che la retorica marxista riferiva al capitalismo? 

Mio nonno socialista ne sarebbe inorridito, memore dell’etimo del termine “proletario”, che allude appunto all’unica ricchezza concessa alla povera gente: la prole… 

Leggi anche: “Credevo che la maternità surrogata fosse un gesto di altruismo, invece…”: la storia di Elisa (puntofamiglia.net)

E in effetti Marina Terragni combatte questa sua battaglia non da posizioni conservatrici o, tanto meno, reazionarie, ma progressiste. Del resto, contro la prospettiva della gestazione per conto terzi si scagliò tempestivamente lo stesso Antonio Gramsci, il grande intellettuale fondatore del Partito comunista italiano che – dinanzi ai primi esperimenti di questo tipo – scrisse sarcasticamente che “le povere fanciulle” avrebbero ora potuto farsi una dote; e aggiunse: “A che serve loro l’organo della maternità? Lo cederanno alla ricca signora infeconda…  Vendono già ora le bionde capigliature per le teste calve delle cocottes che prendono marito… Venderanno la possibilità di diventar madri” (cfr. l’articolo Merce, L’Avanti del 6 giugno 1918). 

Per fortuna nella sinistra politica italiana attuale, che si fa troppo facilmente avvincere dalle sirene del radicalismo individualista, non manca chi la pensa come lui. Primo tra tutti, Stefano Fassina, già deputato di Liberi e Uguali, che dopo aver coraggiosamente appoggiato le proposte di legge del centro-destra miranti a rendere punibile il reato di maternità surrogata, denuncia ora la “visione trans-umanistica dei diritti civili”. In particolare, Fassina si propone come obiettivo primario il recupero delle “radici umaniste” della sinistra, compresa la “sacra dimensione della riproduzione della vita” e la “protezione della donna” , contro ogni forma di “individualismo proprietario”. Musica per le nostre orecchie.

Ma anche nel variegato schieramento di centro-destra non mancano i problemi. In queste materie, da un lato esso presenta settori non immuni da derive radicaloidi, dall’altro, anche quando difende i valori umanistici, lo fa con qualche impaccio, magari sbagliando argomenti e parole. Per esempio, non si deve dire che le coppie gay “spacciano per figli” i bambini ottenuti con la maternità surrogata: prima di tutto perché ci vuole cristiano rispetto per tutti, dunque anche per le coppie gay, e poi perché quel verbo (“spacciano”) è inutilmente offensivo e, come tale, controproducente anche in termini di comunicazione. 

Ma per fortuna in quello schieramento brilla una figura come la ministra Roccella che, per competenza e pacatezza (anche linguistica), sa portare avanti la buona battaglia, riuscendo a mettere dialetticamente KO le Annunziata di turno…




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Gianni Mussini

Gianni Mussini, quinto di otto figli, è nato a Vigevano nel 1951. Laureato a Pavia, alunno dell’Almo Collegio Borromeo fondato da san Carlo (e citato da Manzoni nei Promessi sposi). Docente di Lettere (da ultimo al Liceo classico “Ugo Foscolo”), ha anche insegnato per 12 anni alla Scuola interuniversitaria lombarda per la formazione degli insegnanti. Autore di due libri di poesia (tra cui Rime cristiane eccellentemente recensito dal Corriere della sera e da Avvenire) e di molti studi ed edizioni specialmente sul poeta Clemente Rebora, ma anche su altri autori (tra cui Jacopone da Todi, Cesare Angelini, Manzoni), per Garzanti, Scheiwiller, Piemme, De Agostini, Storia e Letteratura. Ha collaborato a testi scolastici (La Scuola, Le Monnier, De Agostini) e raccolto in volume testimonianze di Vite salvate (Interlinea, Novara, con prefazione di Claudio Magris), ora moltiplicate nel volume Donne in cerca di guai, uscito nel 2018. Per 8 anni è stato presidente dei Centri di aiuto alla vita della Lombardia e per 12 vicepresidente nazionale del Movimento per la vita. Dal 2005 al 2012 ha invece presieduto il Consultorio familiare onlus di Pavia (dedicato al servo di Dio Giancarlo Bertolotti), del quale è stato fondatore. Ha organizzato diversi convegni, nazionali e internazionali, sui temi della vita e della famiglia, e anche corsi di aggiornamento, anche letterari, rivolti a insegnanti. Per 17 anni ha infine organizzato il Festival nazionale “Cantiamo la vita”, con la partecipazione di ospiti di fama internazionale. Last not least. È sposato con Maria Pia, e con cui ha generato Cecilia, Giacomo e Lorenza.

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