Vedovanza

“Con cuore di vedova”: una pagina Instagram per aiutare i coniugi a vivere il lutto

Foto: @concuoredivedova

Quasi sempre, uno dei due coniugi raggiunge prima dell’altro la pienezza della vita eterna. La solitudine per chi resta è lacerante. Nel buio, però, una luce può accendersi. È successo ad Elisabetta, che racconta la sua storia e parla della sua opera di evangelizzazione: aiutare altre vedove come lei a spostare lo sguardo dalla morte alla Vita senza fine.

Quando ci sposiamo, promettiamo al coniuge di essergli fedeli sempre, nella gioia e nel dolore, per tutti i giorni della nostra vita. Se si è compiuto un vero discernimento (davvero vogliamo amarci come Cristo ama la Chiesa) e si è assunta tutta la responsabilità del “sì” pronunciato (non contemplo alcun “piano b”), lo Spirito Santo scende sulla coppia, rendendo quell’amore indissolubile, nonostante le ferite che ci causeremo, le debolezze che scopriremo, le prove della vita che non mancheranno.

Spesso, tra le pagine di questo magazine, abbiamo parlato di “fusione”, “comunione”, “totalità”: caratteristiche essenziali di un legame realmente sponsale.

“I due saranno una sola carne”: lo anticipa la Genesi, lo conferma Cristo, nel Vangelo.

E quando questa carne è divisa dalla morte? Quando uno dei due parte per il Cielo? 

La vedovanza è una condizione dolorosa, a cui spesso preferiamo non pensare, ma, prima o poi, colpisce ogni coppia. Quasi sempre, infatti, uno dei due raggiunge prima dell’altro la pienezza della vita eterna e la solitudine di chi rimane può essere lacerante. Il dolore, soprattutto se l’amore è stato vero e profondo, può diventare insostenibile.

Nel buio, però, una luce può accendersi.

Come è successo ad Elisabetta, che dice di aver letto il libro “Tutto procede come imprevisto. Il tunnel diventato ponte grazie a Gianna Beretta Molla” (Mimep Docete, 2020) e confida di essersi ritrovata nei punti del testo in cui si parla di Pietro Molla, vedovo di Santa Gianna Beretta (morta per dare alla luce la sua quarta figlia e canonizzata da San Giovanni Paolo II). 

Pietro ha vissuto un dolore straziante, quando la moglie lo ha lasciato (si è anche trovato da solo a crescere quattro figli); eppure, ha saputo testimoniare – per tutti gli anni che gli sono stati donati in terra senza la sua Gianna – che quel dolore poteva essere riempito e sostenuto dalla grazia di Dio.

Elisabetta racconta di aver fatto la stessa esperienza. 

Ha una pagina Instagram nella quale si occupa di apostolato per altre vedove come lei: vuole aiutarle a indirizzare verso il Signore le loro sofferenze.

Leggi anche: La vedovanza, profezia dell’oltre… (puntofamiglia.net)

Ciò che colpisce di Elisabetta è la sua schiettezza. Non edulcora la realtà. Quando parla dei primi momenti del lutto, usa queste parole:

“La morte di Francesco è stata una prova difficilissima da affrontare, perché il nostro matrimonio cristiano era davvero come una centrale atomica d’amore. La morte, purtroppo, ne ha intaccato il reattore. Chi resta da solo deve affrontare una grande crisi d’identità, perché si ritrova senza “l’altro” della relazione, che fino a un attimo prima era il pilastro sul quale aveva costruito la famiglia”.

La vedovanza, per lei, all’inizio, è stata sinonimo di “smarrimento”, “agonia”, “perdita di senso”. Poi, però, ha visto agire concretamente il Signore. Racconta:

“Ho chiesto alle vedove con cui sono in contatto sulle mie pagine social qual è stata la persona che le ha aiutate di più dopo la morte del marito. C’è stata una grande varietà di risposte – il proprio padre, madre, sorella, cognate, amiche, vicine di casa, o anche nessuna persona – ma una risposta staccava di gran lunga tutte le altre: Dio. Anche nella mia esperienza è Lui che dà la forza per andare avanti, che dà la consolazione. La roccia alla quale mi sono aggrappata è stata la Parola di Dio, la preghiera”.

Dice di aver trovato conforto nella Bibbia, nei testi dei pontefici rivolti alle vedove e in altri testi religiosi come il Diario di suor Faustina Kowalska; nonché in una trasmissione di Radio Maria “Problemi della vedovanza” tenuta da don Oscar Morandini (le puntate si trovano sul sito di Radio Maria).

Elisabetta, inoltre, annuncia la forza della Resurrezione testimoniando che suo marito non è finito nell’oblio: vive in una nuova dimensione, ma la comunione d’anime non cessa con la fine dell’esperienza terrena di uno dei due.

“La comunione con il proprio sposo prosegue oltre la morte, su questo non ho dubbi. Ci tengo a dire che quando mi immagino il Paradiso non penso al cielo, anche se istintivamente mi viene da guardare in su. Penso all’interiorità, a uno scendere dentro di sé. Infatti, papa Benedetto XVI nell’omelia della messa di Natale 2007 ha detto che “il Paradiso non appartiene alla geografia dello spazio ma alla geografia del cuore.” Per parlare con mio marito, quindi, non affido genericamente le parole all’aria o al vento pensando che lo raggiungano, ma scendo nelle profondità della mia anima. Le anime, infatti, si parlano anche a distanze enormi”.

Elisabetta sa che queste consapevolezze sono un dono e ha deciso di mettersi a disposizione del Signore, come una vera discepola. Prende la sua croce ogni giorno e cammina dietro a Lui, certa che un giorno ogni sua lacrima verrà asciugata. Per seguirla, per trovare conforto e comprensione, per essere aiutati nel percorso dell’elaborazione del lutto, ecco il suo profilo social: @concuoredivedova




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